mercoledì, 15 marzo 2006

Japlish

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La settimana scorsa a dISPENSER hanno parlato del noizu. Di questo servizio a noi, più che la corrente musicale, interessa la spiegazione di come le parole straniere vengano adattate al giapponese con l'applicazione di precise regole, non vi ricorda nulla?
Una veloce ricerca mi ha portato a questo bellissimo articolo: Japanglish, Janglish o Japlish, che costituisce una vera miniera di spunti.

Numerose sono le analogie con la situazione italiana o con quanto scritto nell'esporre la teoria sugli anglicismi, cito ad esempio:

  1. la supremazia culturale statunitense dal dopoguerra ad oggi potrebbe essere una spiegazione convincente di questo fenomeno

  2. In Giappone, così come in Italia, sono molti coloro che portano avanti la solida convinzione di preferire varianti autoctone a termini che suonano esotici. Infatti, ultimamente, la tendenza all'uso di neologismi, creati soprattutto prendendo in prestito parole anglosassoni, sta diventando incontrollabile. Se, da un lato, il processo di importazione di terminologia inglese con successiva “nipponizzazione” serve a coprire delle assenze, soprattutto nel settore informatico, della moda, della cucina, dello sport, dall'altro sembra andare incontro piuttosto ad un’esigenza di stile. Dire furesshu (ingl. fresh, fresco), al posto di sawayaka, produce un effetto più attraente e dà al testo un’impronta esotica che piace particolarmente ai giovani.

  3. Ciò che trasforma la parola straniera in una parola inconfondibilmente giapponese è il suo adattamento fonetico. La nuova parola, dopo aver fatto il suo ingresso, non solo non viene più scritta in caratteri latini, ma viene anche adeguata alle regole della propria pronuncia, in pratica diventa a tutti gli effetti una nuova parola giapponese.

Come si evince dall'ultimo punto, la regola utilizzata è molto più radicale di quella da me proposta per l'italiano, influisce infatti sia sull'ortografia che sulla pronuncia. In effetti ci sono molti casi in cui questo è opportuno anche per l'adattamento alla nostra lingua, vedi ad esempio gli aggettivi che terminano in -able o i sostantivi che terminano in -tion che sono comunemente (e più propriamente) trasformati in -abile e -zione piuttosto che in -abol e -scion come vorrebbe una ceca applicazione della regola.

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Scritto da Nicola Piccinini alle 1:45 AM in /scrivi come mangi/